TESTIMONIANZE su DEMARISTA

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Iniziamo, con questo articolo, a riportare alcuni ricordi di confratelli che hanno conosciuto Demarista. Queste testimonianze sono da tramandare e da meditare per farne tesoro prezioso per la nostra Comunità Opera Francescana della Pietà.

Il primo a fornirci i suoi cari ricordi, è il confratello FRANCO CENI (“Nellino”). Lo ringraziamo di cuore e, riportando fedelmente ciò che scrive, diamo a lui tutta la gioia di farlo e la conseguente responsabilità di ciò che narra con tanto entusiasmo.

PRIMA PARTE

I miei 35 anni vissuti accanto a Demarista Parretti, fondatrice dell’Opera Francescana Della Pietà, registrata nell’anno ’89 con conferma e firma dell’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga e del Cardinal Silvano Piovanelli Arcivescovo di Firenze.

“Ma chi è Demarista”, qualcuno si chiederà! C’è un detto popolare che dice: “Fà più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”. Per me Demarista è stata uno di questi arbusti che con il tempo diventano alberi massicci e pian piano generano una foresta che cresce silenziosamente, senza che nessuno se ne accorga, ma che è indispensabile per la vita sulla terra: senza alberi la terra sarebbe veramente un inferno.

Quando conobbi Demarista ella era già un albero robusto, formatosi sotto la guida e la protezione di Padre Pio. Premetto che, avendo vissuto per tanto tempo vicino a lei, non mi è passato nemmeno per l’anticamera del cervello di scrivere fatti, almeno per me straordinari, a cui ho assistito personalmente e in alcuni dei quali sono stato anche partecipe. Il motivo? Semplice! So con certezza che tutto è scritto in cielo nel libro della vita ed è quello che conta; quaggiù sono solo curiosità per la maggior parte delle persone: toscanamente si direbbe “bubbole”. Forse sbaglio?

Mi sono sposato a San Giovanni Rotondo il 6 agosto 1966, festa della Trasfigurazione del Signore Gesù. La data la decise Padre Pio in confessione. Il Rito fu celebrato da Padre Carmelo da Sessano, allora Superiore del Convento, nella Chiesa di Santa Maria Delle Grazie.

Mi sono deciso a scrivere questi ricordi perché, mentre parlavo di Demarista e di alcuni episodi avvenuti con lei, un carissimo Padre Cappuccino, mi esortò a riportarli per scritto e ad inviarglieli: questo  episodio è avvenuto il 6 agosto 2016, dopo la Santa Messa celebrata da Padre Marciano Morra, nella chiesa di San Pio a San Giovanni Rotondo per il mio cinquantesimo anniversario di matrimonio: ed ora lo sto facendo. 

Anche Padre Morra ha avuto modo di conoscere Demarista negli anni ’80-’90 essendo venuto più volte a celebrare la Messa al Virginiolo (Il Podere dell’Opera Francescana). Questo fatto dimostra che c’è sempre stato un legame diretto tra San Giovanni Rotondo e l’Opera Francescana. Il “podere” fu acquistato nell’anno 1968 e, fin dai primi anni, per la solennità dell’Ascensione, da San Giovanni Rotondo venivano dei Cappuccini. Tra di essi ricordo in particolare Padre Paoilino, Padre Pietro e Padre Onorato il quale si tratteneva al Virginiolo per un breve tempo di riposo.

Il Podere Francescano, Demarista e Padre Pio sono un tutt’uno e in seguito spiegerò il perché.

Non è mia intenzione descrivere tutta la mia vita, ma solo i tratti in parallelo con Demarista, per collegarne il ricordo con brevi flash. Quindi mi sforzerò perché a 78 anni, la memoria comincia a far cilecca! Non scriverò sequenze cronologiche con date precise, ma solo periodi di uno o più anni.

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PARTIAMO CON I RICORDI.

Queste le circostanze in cui conobbi Demarista. Nei primi anni ’60, abitavo in periferia di Firenze e mia madre, sarta, aveva confezionato un vestito per una certa Demarista che aveva conosciuto mediante una sua amica. Dal momento che la distanza da Campi Bisenzio era notevole, mia madre mi chiese se potevo, col motorino, portarlo io a Demarista che ne aveva urgente bisogno. Infatti, doveva partire per uno dei suoi tanti viaggi in pullman, a San Giovanni Rotondo, portandosi dietro 100 persone per lo più ammalate. (Sottolineo che nella sua vita ha fatto più di 200 pellegrinaggi a San Giovanni Rotondo!) -Arrivato a Campi Bisenzio in via della Pace 31, trovai una piccola e modesta casa adiacente ad una chiesetta, detta San Martino, una breve scala esterna, un pianerottolo ed una porta esterna. Bussai alla porta e si affacciò alla finestra in alto una signora: “Chi è?” – “Sono il figlio di Nella Ceni: le ho portato il vestito. E’ Lei?” – “Salga, la porta è aperta”. Arrivato in cucina, trovai un’altra persona che essa mi presentò. La prima impressione che Demarista mi fece fu di una donna estremamente semplice nei modi e nel vestire: abito blu scuro con piccoli fiori bianchi, così logoro… ma non sporco, che, se non lo ha portato tutta la vita poco ci manca! Tuttavia quello che mi colpì, oltre alla serenità del viso, furono due occhi celesti, profondi, sereni e intelligenti.. sembravano due pezzettini di cielo; aveva una corporatura nella media e il suo volto emanava una serentità diversa dalle altre! La persona che mi presentò, era un certo signor Canaponi, età circa cinquanta, sessant’anni. Dopo avermelo presentato, mi disse che aveva ricevuto di recente un miracolo da Padre Pio. Lo guardai con curiosità: aveva due occhi che brillavano di gioia e davanti a me, improvvisamente, si mise a saltare come un grillo e fece diverse flessioni per far vedere come si muoveva con le gambe. Poi, tirando fuori delle foto, mi spiegò che sul lavoro aveva avuto un incidente ed una gamba era rimasta paralizzata; mi spiegò l’incontro col Padre Pio (che ora non descrivo) e disse che le sue radiografie erano state presentate in un simposio di ortopedia, dove era stato detto che quella gamba non poteva flettersi.

Rimasi interdetto, stupito. Quella fu la prima volta che sentii parlare di Padre Pio. La cosa mi incuriosiva ma..non più di tanto. Tornai a casa e..il tempo passa: avevo 23 anni. Dopo breve tempo Demarista fece un altro viaggio a San Giovanni Rotondo e, dal momento che avevo disponibilità di tempo lavorando in proprio, decisi di partecitarvi anch’io, se non altro per la curiosità di conoscere questo Padre Pio. Il viaggio fu per me un piccolo dramma: fra rosari, litanie, sospirini, canti che non erano canti ma nenie, col sottofondo filodrammatico, non ne potevo proprio più! Tant’è che arrivando alle prime rampe per il Santuario di Loreto, pensavo di fermare il pullman e tornare indietro in treno, ma lasciai perdere quel pensiero e mi dissi: “Sei in ballo! Balla fino alla fine e falla poco lunga!” Durante il viaggio, sia Demarista che suo marito Bruno, ci parlarono di Padre Pio che era sì dolce..ma anche burbero; che aveva delle mani che sembravano alabastro, e cacciava fuori dal confessionale senza tanti complimenti.

Arrivammo a San Giovanni Rotondo con pensionamento all’Albergo San Michele: si stava delineando un curioso programmino. Ora descrivo la scena della prima confessione con Padre Pio. Tutta da ridere, se non da piangere! Tra i partecipanti c’erano 4 giovani dai 22 ai 25 anni, 2 fiorentini e 2 pratesi. Il mattino della confessione, i Frati, col sorrisetto sulle labbra, ci fecero sedere su una pancaccia davanti al confessionale di Padre Pio, tutti e quattro in fila come condannati a morte. Il confessionale era a circa 3 metri di distanza; non era di legno ma aveva una tendina e un inginocchiatoio, e si sentivano urla terribili da Padre Pio.

Uno dei due pratesi che era seduto sulla panca con noi, ed era il secondo in ordine di successione, cominciò a piangere e tra i singhiozzi disse:”Io lì ‘un ci vò!” Ed io: “Perché? Siamo qui e ci si va.” E Lui: “Ma l’hai letto questo?”, indicandomi il testo per la preparazione alla confessione, datoci dai Cappuccini. “Come si fà a andà lì?”- “Certo che l’ho letto! E allora? Non c’ammazza mica! Al massimo ci butta fuori.” Morale della favola: trenta secondi e fuori tutti e quattro senza assoluzione. A me bruciò, ma era scontato. Il seguito non lo descriverò, ma quando, alla fine, dopo tanto tempo, ebbi l’assoluzione, capii per la prima volta cos’era la vera gioia. I tempi stavano maturando.

(Continua..)