25 Febbraio
II DOMENICA di QUARESIMA
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CELEBRIAMO INSIEME
Al VIRGINIOLO:
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ore 16.00 VIA CRUCIS lungo il viale, se il tempo lo permette
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ore 16.30 Rosario, Vespri e Benedizione eucaristica
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ore 17,30 Santa Messa
A CAMPI BISENZIO:
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ore 10.30 Santa Messa
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Segue Esposizione del SS.Sacramento, breve adorazione e Benedizione eucaristica
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LA PAROLA
Genesi 22,1-2.9a.10-13.15-18
In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».
Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».
Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.
L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».
Dal Salmo 115
Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi
Ho creduto anche quando dicevo: «Sono troppo infelice».
Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli. R/.
Ti prego, Signore, perché sono tuo servo; io sono tuo servo, figlio della tua schiava: tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore. R/.
Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo,
negli atri della casa del Signore, in mezzo a te, Gerusalemme. R
Romani 8,31-34
Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?
Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi,
non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?
Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto?
Dio è colui che giustifica! Chi condannerà?
Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!
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Marco 9,2-10
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti
PER APPROFONDIRE
La seconda domenica di Quaresima è tradizionalmente la domenica della trasfigurazione di Gesù, ovvero il polo opposto alla prima dedicata alle tentazioni di Gesù. Quest’anno leggiamo il racconto presente nel vangelo secondo Marco e cerchiamo di mettere in evidenza le particolarità di questa narrazione rispetto a quella degli altri sinottici.
Iniziamo contestualizzando il racconto di questo evento, che viene collocato durante il ministero di Gesù, dopo la svolta della confessione di Pietro circa l’identità messianica di quel rabbi e profeta che annunciava la venuta del regno di Dio (cf. Mc 8,29). Marco sottolinea che dopo quella dichiarazione, sulla quale Gesù impose l’obbligo del silenzio (cf. Mc 8,30), egli cominciò (érxato) a insegnare con parrhesía (cf. Mc 8,32) che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molte cose, essere rifiutato dagli anziani, dai grandi sacerdoti, dagli scribi, poi venire ucciso e dopo tre giorni risuscitare (cf. Mc 8,31).
Questo insegnamento è seguito da una promessa solenne: “Amen, vi dico che alcuni qui presenti non gusteranno la morte prima di aver visto il regno di Dio venuto con potenza” (Mc 9,1). Parole enigmatiche, che riguardavano certamente i discepoli che ascoltavano Gesù, ma riguardano anche noi che oggi leggiamo il vangelo. Dunque, confessione di Pietro, profezia di Gesù sulla sua passione, morte e resurrezione e promessa della visione del regno di Dio sono ciò che precede di sei giorni l’evento della trasfigurazione. Nel giorno della creazione dell’uomo (cf. Gen 1,26-31), l’uomo Gesù è rivelato dal Padre come il Figlio amato, colui al quale deve andare l’ascolto.
Per questo Marco precisa: “Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli”. Gesù prende e porta in alto, con sovrana e libera iniziativa, i tre discepoli più vicini a lui, facenti parte del gruppo dei Dodici ma separati dagli altri in alcune occasioni, per essere testimoni privilegiati di esperienze uniche: la resurrezione della figlia di Giairo (cf. Mc 5,37-43), la trasfigurazione e poi la de-figurazione, l’agonia al Getsemani (cf. Mc 14,32-42). Tre situazioni vissute da Gesù in disparte, in una solitudine condivisa solo con i tre prescelti per entrare nella sua intimità con il Padre. Si potrebbe dire che Gesù se li carica sulle spalle e li porta in alto, su un monte, luogo della rivelazione di Dio e della sua teofania; monte che la tradizione antica ha individuato nel Tabor (Tab ‘or, “vicino alla luce”).
Ed ecco avvenire la rivelazione: “Gesù fu trasfigurato (passivo divino) davanti a loro”. Un’azione di Dio muta le sembianze visibili di Gesù, in modo che egli sia visto altrimenti. Matteo cerca di esprimere questo mutamento scrivendo che “il suo volto brillò come il sole” (Mt 17,2). Luca attesta che “l’aspetto del suo volto divenne altro” (Lc 9,29), mentre Marco allude con molta discrezione al mutamento avvenuto, precisando però che “le sue vesti divennero splendenti, bianchissime”, di un biancore che nessuno sulla terra potrebbe dare alle vesti, essendo quella un’azione che solo Dio può compiere. Siamo di fronte al mistero da adorare, senza pretendere di spiegarlo o anche solo di narrarlo. Anche il profeta Isaia nell’ora della vocazione aveva confessato: “Ho visto il Signore” (cf. Is 6,5), alludendo a tale evento ineffabile con l’immagine del manto di Dio che riempiva il tempio (cf. Is 6,1).
Ciò che è avvenuto resta indicibile, e anche quando i padri della chiesa interpreteranno questo biancore splendente ricorrendo alla metafora delle “energie divine increate”, presenti nel corpo di Cristo, approfondiranno il mistero ma non lo descriveranno. Il bianco è il colore della luce, è il colore del mondo celeste (cf. Dn 7,9), del cielo aperto, e nulla sulla terra vi si avvicina o può produrlo. Sono le creature del cielo, gli angeli a essere luminosi, vestiti di bianco, e solo Mosè ha avuto un volto luminoso che rifletteva la luce, avendo visto Dio, Colui che era la luce (cf. Es 34,29-35). Gesù non riflette la luce di Dio, ma grazie all’azione del Padre è luce divina, è la luce del Figlio amato.
In questa visione apocalittica si fanno presenti Elia e Mosè, i quali conversano con Gesù: Elia, colui che secondo la profezia di Malachia precederà la venuta del Signore (cf. Ml 3,23-24), e Mosè, il profeta escatologico cui va rivolto l’ascolto (cf. Dt 18,18), diventano i testimoni di Gesù. Rappresentano la profezia e la legge che, concordi, riconoscono in Gesù il loro pieno compimento. Gesù dunque non è Elia redivivo (cf. Mc 6,15), né Mosè, né uno dei profeti ma, come dichiara la voce venuta dal cielo, è il Figlio, l’amato, al quale deve andare l’ascolto. Elia, che riassume in sé tutti i profeti, vede in Gesù colui del quale tutti avevano profetizzato; Mosè, che aveva chiesto di vedere la gloria di Dio (cf. Es 33,18), è finalmente esaudito. La conversazione tra Gesù, Elia e Mosè è un dialogo di concordanze, di convergenze, di compimenti. Marco non ci dice il tema di questo dialogo – a differenza di Luca, che indica “l’esodo” di Gesù come l’argomento della conversazione (cf. Lc 9,30) – ma testimonia la continuità della fede, l’accordo tra antica e nuova alleanza, la profezia e il suo compimento. Il messaggio è dossologico!
Allora Pietro interviene, forse anche a nome degli altri, e dice a Gesù, chiamandolo “rabbi”, che la situazione di cui sono testimoni è bellezza e beatitudine. Egli vorrebbe fissare e prolungare questa condizione e nel suo entusiasmo è disposto a costruire tre tende, non per sé e per gli altri due discepoli, ma per Gesù, Elia e Mosè. Egli è forse consapevole di vedere il regno di Dio venuto con potenza? Oppure quello era solo un momento di rivelazione e di illuminazione, l’esperienza di una presenza elusiva di Dio in Gesù? In ogni caso, Pietro balbetta, prende la parola, senza sapere bene cosa dice, perché è preda dello spavento, come gli accadrà anche nell’ora dell’agonia di Gesù al Getsemani. Le sue sono parole comunque inadeguate rispetto al mistero che sta contemplando, segno della venuta del tempo messianico, del regno di Dio venuto nella carne di Gesù.
E così una nube avvolge i tre discepoli nella sua ombra. È la nube della Shekinah, della Presenza, è la dimora di Dio che nell’esodo è il segno della sua gloria. Quella nube che stava sul Sinai, che aveva guidato il popolo nel deserto e che aveva riempito il tempio di Gerusalemme fissandovi la dimora di Dio, ora qui è presenza divina, gloria del Figlio che, avvolgendo i tre discepoli, fa loro ascoltare la parola del Padre: “Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: ‘Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!’ (cf. Sal 2,7; Gen 22,2; Dt 18,18)”. Se nel battesimo al Giordano la voce del Padre era risuonata solo su Gesù (cf. Mc 1,11), qui la rivelazione è per i tre discepoli: Gesù è il Figlio, è veramente l’unico Figlio amato e a lui va l’ascolto. Shema’ Jisra’el (Dt 6,4): l’invito rivolto a Israele ad ascoltare Dio diventa qui invito ad ascoltare Gesù. Ascoltare lui, non le proprie paure, non i propri desideri, non le proprie immagini o le proprie proiezioni su Dio. Anche le sante Scritture (Mosè ed Elia) devono essere ascoltate attraverso di lui, che secondo il quarto vangelo è la Parola di Dio rivolta verso il Padre, la Parola che è Dio (cf. Gv 1,1).
“E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro”. La narrazione dell’evento termina in modo brusco. I discepoli si guardano attorno e non vedono più nessuno, se non Gesù, il Gesù totalmente umano, umanissimo, che avevano sempre visto, il Gesù loro rabbi e profeta che avevano seguito. Nulla di ulteriore appariva in Gesù, ma quella trasfigurazione di cui erano diventati testimoni resterà nei loro cuori come enigma e poi, dopo la Pasqua, come mistero. Pietro lo ricorderà nella sua Seconda lettera, rievocando la propria qualità di “testimone oculare della sua gloria sull’alta montagna” (cf. 2Pt 1,16-18).
Dopo la prima domenica di Quaresima in cui abbiamo contemplato Gesù tentato dal demonio, con grande sapienza l’ordo liturgico ci fa contemplare Gesù trasfigurato nella gloria del Padre. Siamo così preparati alla memoria della sua agonia nell’orto degli Ulivi, avvenuta alla vigilia della sua passione, e poi alla sua resurrezione dai morti, quando il Padre lo farà rialzare alla vita per sempre. Come Pietro e gli altri discepoli tentiamo di seguire Gesù, pur non comprendendolo sempre ed essendo incapaci di restare anche solo vigilanti accanto a lui. Ma Gesù rimane fedelmente “con noi”, se almeno tentiamo di accogliere la voce del Padre che ci chiede di ascoltarlo. ( Commento dalla COMUNITA’ di BOSE)
PREGHIAMO
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Perché la fiducia possa sempre nutrire e sostenere il nostro rapporto con te anche quando molte cose non sono come le vorremmo.
Noi ti preghiamo
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Quando si sperimenta la bellezza dell’Amore si aprono le porte del cuore al desiderio di bello e di infinito che caratterizza ogni essere umano: aiutaci ad amare, amandoti.
Noi ti preghiamo
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Signore, quante volte nascondiamo la nostra fede dietro una maschera per paura di essere derisi o presi in giro: aiutaci a non temere di mostrare il nostro volto di cristiani.
Noi ti preghiamo
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Gesù, che ti sei trasfigurato per mostrare la tua Divinità: insegnaci a trasfigurare la nostra vita rendendola già in questo mondo trascendente contemplando nell’ esistenza la bellezza di Dio.
Noi ti preghiamo
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Signore, che hai riposto in tuo figlio Gesù fiducia e amore incondizionato, aiuta noi genitori a compiacerci dei nostri ragazzi al di là delle attese che abbiamo su di loro, accogliendoli semplicemente come un dono di Amore che ha “trasfigurato” la nostra vita rendendoci più “vicini” a Dio.
Noi ti preghiamo
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Per il Papa e tutti i sacerdoti: sappiano mostrare il vero volto Divino della Chiesa che spesso viene coperto dagli scandali e dal materialismo.
Noi ti preghiamo
O Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo,
immersi come siamo nelle nostre preoccupazioni,
concentrati sui nostri problemi,
demoralizzati per le nostre colpe ed i nostri peccati,
rischiamo di dichiararci sconfitti e di perdere la speranza…
Ma tu, anche oggi, ci vieni incontro
e con la trasfigurazione di Gesù
ci mostri che il nostro destino è quello di partecipare alla tua gloria…
Aiutaci a comprendere che la nostra vera gioia
è vivere per Te, con Te, in Te…
Per Cristo nostro Signore. AMEN
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