III DOMENICA di PASQUA

“Lo riconobbero allo spezzare il pane”

Emmaus

“Signore Gesù,  facci comprendere le Scritture:

arde il nostro cuore mentre ci parli!”

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

NOI TUTTI SIAMO STATI COME I DISCEPOLI DI EMMAUS:

IL SIGNORE RISORTO SI E’ FATTO NOSTRO COMPAGNO DI VIAGGIO.

NELLA PERSONA DI DEMARISTA CI HA SPIEGATO LE SCRITTURE,

CI HA TOLTO DALLA TRISTEZZA E CI HA DATO LA GIOIA

DI ANNUNCIARLO AI FRATELLI.

Demarista Parretti

 

Questa Domenica “di Emmaus” ci faccia  accoglienti verso “tutti coloro che il Signore manda” perché ritrovino la gioia di risorgere e la forza di camminare verso il Regno 

 ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

Opera Francescana della Pietà 8

LA PAROLA di questa Domenica:

Atti 2,14a.22-23 “Dio lo ha risuscitato”

Nel giorno di Pentecoste, 14Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così:  “Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete –, 23dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso. 24Ma Dio lo ha risuscitato,sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. 25Dice infatti Davide a suo riguardo: “Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; poiché egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. 26Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua; ed anche la mia carne riposerà nella speranza, 27perché tu non abbandonerai l’anima mia negli ìnferi, né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione. 28Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”. 29Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi. 30Poiché però era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, 31previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: “Questi non fu abbandonato negli ìnferi, né la sua carne vide corruzione”.32Questo Gesù, Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. 33Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire”.

 La Parola

1 Pietro 1,17-21 “La vostra fede è fissa in Dio”

Carissimi, 17se pregando chiamate Padre colui che senza riguardi personali giudica ciascuno secondo le sue opere, comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio.18Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, 19ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia.20Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi. 21E voi per opera sua credete in Dio, che l’ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria e così la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio.

 ICONA-cleopa-e-luca-di-emmaus

Luca 24,13-35 “Resta con noi perché si fa sera”

Nello stesso primo giorno della settimana, due discepoli di Gesù erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Èmmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto.  Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: “Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?” Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Cleopa, gli disse: “Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?” Domandò: “Che cosa?” Gli risposero: “Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto”.

Ed egli disse loro: “Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.  Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

 

PER APPROFONDIRE

Dai “Discorsi” di sant’Agostino, vescovo (Serm 236, 2-3)

I discepoli di Emmaus

Quando Cristo morì, i suoi discepoli lasciarono cadere dal loro animo questa speranza, questo dono, questa promessa, questa grazia così segnalata, e vedendolo morto persero ogni speranza. Osservate! Si riferisce loro che è risorto e le parole di chi reca tale annunzio vengon prese per allucinazioni di menti folli. La verità era diventata quasi una follia. […] Ecco la situazione in cui si trovavano i discepoli dopo la morte di Cristo: ciò che a noi incute orrore, questo erano diventati loro.  […] E passiamo a quei due ai quali Cristo apparve lungo la via ma i loro occhi erano impediti dal riconoscerlo. Le loro parole manifestano lo stato del loro cuore; la voce è testimone di ciò che passava nel loro animo: testimone, dico, per noi, poiché a Cristo era palese il cuore di per se stesso. Parlavano fra loro della sua morte. Egli si unì a loro come terzo compagno di viaggio. Egli, che era la via, cominciò a dialogare con loro lungo la via e attaccò il discorso. Pur sapendo tutto, chiede di che cosa stiano parlando e, fingendosi ignaro dei fatti, vuol provocare la confessione. Gli dicono: Tra i pellegrini convenuti a Gerusalemme tu sei certo il solo che non sai cosa sia successo in città durante questi giorni, che non sai di Gesù Nazzareno che fu un grande profeta! (Lc 24, 18-19). Non più Signore ma profeta! Dopo la morte di lui, credevano che questo egli fosse stato. Lo veneravano ancora come profeta, sebbene non lo riconoscessero come Signore non solo dei profeti ma anche degli angeli. Continuano: I nostri anziani e i sommi sacerdoti lo consegnarono perché fosse condannato a morte. Ed ecco, questo è il terzo giorno da quando queste cose sono accadute. Eppure noi speravamo che egli sarebbe stato il redentore d’Israele. (Lc 24, 20-21). È questa tutta la vostra pena? Speravate! Siete ora nella disperazione? Come vedete, avevano perduto ogni speranza. Egli allora cominciò a spiegar loro le Scritture, in modo che imparassero a riconoscere Cristo proprio dal punto dove s’erano allontanati da Cristo. Avevano perso la speranza in Cristo perché lo avevano visto morto. Egli al contrario spiega loro le Scritture argomentando in modo che si persuadessero che, se non fosse morto, non sarebbe potuto essere Cristo. Da Mosè, dalle Scritture successive e dai profeti trasse l’insegnamento di quel che aveva loro detto, che era necessario che il Cristo morisse e così entrasse nella sua gloria (Lc 24, 26). Udendo godevano e sospiravano; e, come essi stessi confessano, ardevano; ma non riconoscevano la luce lì presente.

Che sorta di mistero, miei fratelli! Entra in casa loro, si fa loro ospite e, mentre era rimasto sconosciuto lungo tutto il cammino, lo si riconosce allo spezzare del pane (Cf. Lc 24, 30-31). Imparate ad accogliere gli ospiti, nella cui persona si riconosce Cristo. O che non sapete ancora che, tutte le volte che accogliete un cristiano, accogliete Cristo? Non lo dice forse lui stesso: Ero forestiero e mi avete accolto? E se gli replicheranno: Ma quando, Signore, ti abbiamo visto forestiero, risponderà: Tutte le volte che l’avete fatto a uno dei miei fratelli, fosse anche il più piccolo, l’avete fatto a me (Mt 25, 35. 38. 40). Quando dunque un cristiano accoglie un altro cristiano, è un membro che si pone al servizio di un altro membro, e con questo reca gioia al capo, che ritiene dato a sé ciò che si elargisce a un suo membro. Ebbene, finché siamo quaggiù, si dia il cibo a Cristo che ha fame, si dia da bere a lui assetato, lo si vesta quando è nudo, lo si ospiti quand’è pellegrino, lo si visiti quando è malato. Queste cose comporta l’asperità del cammino. Così dobbiamo vivere nel presente pellegrinaggio durante il quale Cristo è nel bisogno: ha bisogno nei suoi, pur essendo pieno di tutto in sé. Ma colui che nei suoi è bisognoso, mentre in sé abbonda di tutto, convocherà attorno a sé tutti i bisognosi. E vicino a lui non ci sarà più né fame né sete, né nudità né malattia, né migrazioni né stenti né dolore. So che tutti questi bisogni lassù non ci saranno, ma non so cosa ci sarà. Che tutte queste cose non ci saranno l’ho potuto apprendere; quanto invece a quel che troveremo lassù, non c’è stato occhio che l’abbia visto né orecchio che l’abbia udito né cuore d’uomo in cui sia penetrato (1 Cor 2, 9). Lo possiamo amare, lo possiamo desiderare; durante il presente esilio possiamo sospirare il possesso di un tanto bene; ma non possiamo raggiungere col pensiero né spiegare adeguatamente a parole quel che esso sia, o, per lo meno, io non ne sono capace. Cercatevi pure, o fratelli, qualcuno che abbia tale capacità, e, se vi riuscirà di trovarlo, trascinate da lui anche me insieme con voi perché divenga suo discepolo. Quanto a me, so una cosa sola, che cioè Dio – come dice l’Apostolo – ha la potenza di compiere opere che superano la nostra facoltà di chiedere e di comprendere (Eph 3, 20). Egli ci condurrà là dove si realizzeranno le parole scritturali: Beati coloro che abitano nella tua casa! Ti loderanno nei secoli dei secoli (Ps 83, 5). Tutta la nostra occupazione sarà la. lode di Dio. E cosa loderemo se non ciò che ameremo? E null’altro ameremo se non ciò che vedremo. Vedremo la verità, e questa verità sarà Dio stesso, di cui canteremo la lode. Lassù troveremo ciò di cui oggi abbiamo cantato: troveremo l’Amen, cioè Quel che è vero, e l’Alleluia, cioè: Lodate il Signore.

O Signore, va’ in aiuto a quei discepoli! Spezza loro il pane perché ti riconoscano. Se tu non li riconduci sono perduti. (Sermo 236/A, 3)

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

Icona Emmaus

Come sapete, la Comunità Monastica di Bose è ora anche vicino a noi: a CELLOLE-San Gimignano.

“Bose è una comunità di monaci e di monache appartenenti a chiese cristiane diverse che cercano Dio nell’obbedienza al Vangelo, nella comunione fraterna e nel celibato. Presente nella compagnia degli uomini si pone al loro servizio.”

Enzo Bianchi ne è il fondatore ed è stato Priore fino al Gennaio del 2017. I sui commenti alla Parola sono sempre un’occasione per fermarci, accogliere e ripartire più ricchi.

Qui di seguito riportiamo la sua riflessione sul Vangelo di questa III Domenica di Pasqua.

(Vi consigliamo tuttavia, ad andare direttamente su www.monasterodibose.it)

ENZO BIANCHI, Priore della Comunità Monastica di Bose –

“Lo riconobbero allo spezzare il pane”

Il racconto dell’incontro tra Gesù risorto e i due discepoli in cammino verso Emmaus è stato sapientemente collocato da Luca nell’ultimo capitolo del suo vangelo, che vuole significare una conclusione e nello stesso tempo un’apertura della narrazione che proseguirà negli Atti degli apostoli. Siamo di fronte a una sintesi di tutto il vangelo, perché questo testo riassume non solo l’intera vicenda di Gesù di Nazaret, ma anche l’intera storia di salvezza che Gesù stesso traccia “spiegando tutte le Scritture” (cf. Lc 24,27). Proprio la seconda parte dell’opera lucana, gli Atti, sarà un’interpretazione, una spiegazione di tutte le Scritture dell’Antico Testamento compiutesi in Gesù e, nel contempo, la narrazione degli eventi avvenuti nel ricordo delle sue parole.

Con il riconoscimento di Gesù “veramente risorto” da parte degli Undici, ossia di quanti lo avevano seguito – come dice Pietro – “per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto tra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo” (At 1,21-22), si chiude l’epoca della testimonianza oculare: coloro che sono stati “testimoni oculari” (Lc 1,2) devono diventare “servi della Parola” (ibid.) e dunque “inviati”, “apostoli” (cf. Lc 24,49) per “annunciare a tutte le genti la conversione e la remissione dei peccati” (cf. Lc 24,47). In quest’ultimo capitolo Luca, narrando eventi racchiusi in un solo giorno, il giorno della resurrezione del Signore, ci rivela che si tratta di un giorno senza fine, un giorno unico, il “giorno uno” (Gen 1,5) della nuova creazione, il “giorno uno che solo il Signore conosce” (Zc 14,7). Ma è anche il giorno “nostro”, il nostro tempo, l’oggi nel quale camminiamo sulle strade del mondo, mentre il Risorto cammina con noi, fino a quando lo riconosceremo definitivamente alla tavola del Regno eterno.

Quanto alla struttura di questo capitolo, esso è evidentemente composto da tre racconti:

le donne al sepolcro (vv. 1-12);
i discepoli di Emmaus (vv. 13-35);
gli Undici a Gerusalemme (vv. 36-53).

Innanzitutto le donne recatesi al sepolcro il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, trovano la pietra rotolata via dall’ingresso della tomba e, entrate, non trovano il corpo cadavere di Gesù. Mentre sono nell’aporia (cf. Lc 24,4), due uomini si presentano a loro in vesti sfolgoranti e dicono alle donne impaurite e con il volto chinato a terra: “Perché cercate il Vivente tra i morti? Non è qui, è risorto. Ricordatevi di come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: ‘È necessario che il Figlio dell’uomo sia consegnato nelle mani di uomini peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno’” (Lc 24,5-7). Essi chiedono il ricordo delle parole di Gesù, e le donne effettivamente si ricordano e dunque credono. Subito, ritornate dal sepolcro, annunciano la buona notizia agli Undici e agli altri. Ma “quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento”, un’allucinazione, una sciocchezza, “e non credevano a esse. Pietro tuttavia, alzatosi, corse al sepolcro e, chinatosi, vide solo le bende. E tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto” (Lc 24,11-12). Al centro di questa prima parte vi è l’annuncio della resurrezione, fondato sulle parole di Gesù: ricordando le sue parole si giunge alla fede pasquale.

Segue il nostro racconto, a cui dedicheremo uno spazio adeguato. Mi limito per ora a evidenziare il tratto fondamentale, che lo rende parallelo agli altri due brani, in una sapiente costruzione narrativa e teologica. I due discepoli in cammino non riconoscono Gesù risorto, ma vedono solo un viandante il quale annuncia loro che, secondo le parole di Mosè e dei Profeti, il Cristo doveva patire e morire per entrare nella sua gloria: egli chiede la fede nelle parole dei Profeti, nelle Scritture (cf. Lc 24,25).

L’ultima parte ci testimonia che Gesù in persona appare in mezzo agli Undici radunati nella camera alta, a Gerusalemme (cf. Lc 22,12; At 1,13). Il Risorto è là, in mezzo a loro, li saluta donando loro la pace, ma essi, “sconvolti e impauriti, credevano di vedere uno spirito” (Lc 24,37). Gesù allora si fa riconoscere nei segni della passione impressi per sempre nella sua carne, chiede ai discepoli di guardarlo e di toccarlo, ma gli Undici restano increduli, tra gioia e stordimento. Gesù dunque annuncia anche a loro – come già aveva fatto nei suoi giorni terreni – la necessità del compimento nella sua vita di quanto era scritto nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi. “Allora aprì loro la mente, perché comprendessero le Scritture” (Lc 24,45), e con questa operazione terapeutica (cf. Lc 24,31-32) dona loro l’intelligenza delle Scritture, li rende credenti, abilitandoli a essere “testimoni” (mártyres: Lc 24,48). Affinché tutto ciò si realizzi pienamente, Gesù dichiara che presto invierà loro “la promessa del Padre” (Lc 24,49), lo Spirito santo (cf. At 2,1-12), poi li conduce a Betania e, benedicendoli, ascende al cielo. Ora finalmente i discepoli, ritornati a Gerusalemme pieni di gioia, possono innalzare a Dio una lode senza fine.

Ecco il riassunto dell’ultimo capitolo del vangelo secondo Luca, nel quale è rivelato a ogni lettore, a ciascuno di noi, il cammino della fede del discepolo. Occorre ascoltare e comprendere le Scritture dell’Antico Testamento, occorre ricordare le parole di Gesù raccolte nel Nuovo Testamento, e allora sarà possibile credere alla sua resurrezione.

Ma veniamo al brano liturgico, centro del nostro capitolo e sintesi dossologica dell’intero vangelo. Quando Gesù fu catturato, i discepoli fuggirono tutti per la paura, lo scoramento, e qualcuno tra di loro fu anche tentato di abbandonare la comunità. Ecco, infatti, che due di loro partono da Gerusalemme, lasciano gli altri e vanno verso il villaggio di Emmaus, dove quasi sicuramente vi era la loro casa. Sono delusi, pieni di tristezza – sentimento che traspare anche sui loro volti –, ma conversano, dialogano, scambiano parole, riandando agli eventi di cui erano stati testimoni: cattura, condanna e crocifissione di Gesù. Tutto sembra loro un fallimento e grande è la frustrazione delle loro speranze riposte in Gesù: l’avevano seguito credendo in lui, ascoltandolo, ma la sua morte è stata veramente la fine per lui, per la sua comunità, per l’attesa di ogni discepolo. Era un profeta, aveva una parola performativa, compiva azioni significative, ma i capi dei sacerdoti lo hanno consegnato ai romani ed egli è stato crocifisso. Sono passati ormai tre giorni, dunque Gesù è morto per sempre, e la loro vita sembra non avere più senso, direzione, fondamento. È la condizione in cui spesso veniamo a trovarci anche noi, e per questo l’anonimato di uno dei due discepoli ci aiuta a collocarci all’interno del racconto…

Ma su quel cammino ecco apparire un altro viandante che si accosta ai due e pone loro delle domande. Non si avvicina con un messaggio da proclamare, ma con il desiderio di ascoltare quel dialogo, di comprendere cosa i due hanno nel cuore, di accompagnarli. Innanzitutto chiede loro: “Che cosa sono questi discorsi che fate camminando, pensosi?”. In risposta, Gesù – di cui per il momento solo il lettore conosce l’identità – ascolta un racconto pieno di affetto per il loro rabbi: ascolta quello che è successo, ascolta ciò che dicono su di lui, ascolta le loro speranze deluse, e solo alla fine li interroga con molta delicatezza sulla loro fede, sul loro affidamento alle Scritture. Perché non sono capaci di credere ai profeti? Perché non sono capaci di leggere le Scritture?

Allora Gesù, come tante volte aveva fatto con i suoi discepoli, rilegge la Torah di Mosè e i profeti, e attraverso le Scritture fa comprendere ai due la necessitas della sua morte. Attenzione, non il destino ma la necessitas illumina la morte di Gesù: in un mondo ingiusto, il giusto viene rifiutato, osteggiato e tolto di mezzo, perché “è insopportabile al solo vederlo” (Sap 2,14); e se il giusto, il Servo del Signore, resta fedele a Dio e alla sua volontà, rifiutando le tentazioni del potere, della ricchezza e del successo, allora è condotto alla morte rigettato da tutti. Quegli eventi che a una lettura umana significano solo fallimento e vuoto, possono anche essere compresi diversamente, se Dio lo concede, con i suoi doni. Ma proprio perché quei discepoli non credono alle Scritture, non possono neppure riconoscere Gesù nel viandante che cammina con loro.

Giunti a casa, il misterioso viandante sembra voler proseguire da solo, ma i due, che stando accanto a Gesù hanno imparato da lui almeno l’attenzione per gli altri, si mostrano ospitali. Per questo insistono: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno ormai è al tramonto”. E così il viandante rimane con loro, entra nella loro casa. Quando sono a tavola, dopo le parole, egli compie dei gesti sul pane, soprattutto lo spezza per darlo loro. A questo gesto, il più eloquente compiuto da Gesù nell’ultima cena (cf. Lc 22,19), segno di un’intera vita offerta e donata per amore, “si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”: ma subito il viandante, il forestiero, il pellegrino scompare dalla loro vista. Presenza elusiva ma sufficiente per i due discepoli, i quali riconoscono che alla sua parola il cuore ardeva nel loro petto e che con la sua vita eterna egli poteva farsi presente e spezzare il pane.

In questo mirabile racconto si parla di camminare insieme, di ricordare e pensare, di rispondere a chi chiede conto e quindi di celebrare la presenza vivente di Gesù, il Risorto per sempre. Ma ciò può avvenire in pienezza solo nella comunità cristiana, nella chiesa: per questo i due “fanno ritorno a Gerusalemme, dove trovano riuniti gli Undici e gli altri”, che li precedono e annunciano loro la resurrezione. È ciò che avviene anche a noi ogni domenica, giorno pasquale; è ciò che avviene anche oggi, nella comunità radunata dal Signore: la Parola contenuta nelle Scritture, l’Eucaristia e la comunità sono i segni privilegiati della presenza del Risorto, il quale non si stanca di donarsi a noi, “stolti e lenti di cuore”, ma da lui amati, perdonati, riuniti nella sua comunione.

 ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

 Alcuni “Detti“:

Emmaus Michelangelo_Caravaggio_034

“Se la resurrezione di Cristo è vera, come lo è, e se è vera l’intera rivelazione cristiana antica e neotestamentaria, come lo è, allora i fatti della storia umana vanno visti nella stessa luce nella quale Cristo li ha veduti quando, sulla strada di Emmaus, spiegava le Scritture ai discepoli increduli, rattristati e disattenti”   (Giorgio La Pira)

mare3

“Dio è come il mare: sorregge chi vi si abbandona” (G.Morselli)

“Nella vita dello Spirito chi non va avanti, va indietro e chi non cammina guadagnando, cammina perdendo (San Giovanni Della Croce)

Cammino

“Se un uomo non è disposto a rischiare nulla per le proprie idee, o non vale niente lui o non valgono niente le sue idee” (E.Pound)

 

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

Se la Parola del Risorto riscalda il nostro cuore,

noi  abbiamo davvero fiducia sempre, in ogni situazione,

ci apriamo alla nuova storia

di pellegrini accompagnati da Lui,

Pane spezzato per noi,

e possiamo rasserenare la comunità dei fratelli

con la buona notizia:

“E’ Risorto ed è apparso a noi nel nostro cammino:

non c’è più posto per l’abbattimento, né ci possiamo fermare!

Con Lui, “cantiamo e camminiamo…”